domenica 8 aprile 2012 in , , , ,

CARGO di VINCENZO MINEO

La recensione del documentario "Cargo" di Vincenzo Mineo, film presente al Festival del nuovo documentario.








Il documentario si apre su un rallenty; il video ci porta subito dentro il tempo dilatato della nave, il suo lento avanzare, e i giorni che sembrano non finire mai. Il tema del tempo che non passa mai è centrale al video, e ricorrente nelle descrizioni della vita dei marinai a bordo, di fatto è intorno a questa attesa snervante che ruota uno degli aspetti più pesanti di questo mestiere. E conseguentemente il senso di questa attesa passa nella composizione del video, modificando dall'interno la struttura del film. Il video quindi non ha una linea temporale normale, come quella di un tradizionale altro documentario, pur valido e cinematograficamente riuscito che sia; fa invece di questa distorsione temporale il linguaggio formale e espressivo, compositivo.





Tutto il lavoro si imposta intorno a questo tempo allentato: i movimenti quasi impercettibili della nave, i gesti stracchi e ripetitivi dei marinai dei porti, i panorami visibili dall'esterno della nave o dalle finestre che mutano molto lentamente. Si ha la sensazione di essere entrati in una realtà sconcertante dove i meccanismi del vivere comune sono del tutto assenti, dato che alla realtà comune non assomigliano in nulla e che di fatto non ne fanno parte. Quanto all'acqua, che ci si immagina parte importante della vita su una nave, l'acqua c'è, ce n'è in abbondanza nel video. La prima acqua che vediamo, però, non è quella del mare. E' invece la poca acqua di un minuscolo acquario di uno dei marinai che spiega come quell'acquario sia simile ad una nave, essendo un mondo chiuso.
A 2.20 si vede per la prima volta l'esterno e scopriamo di essere in navigazione in mare, in una luminosa giornata invernale, su questa specie di cittadina galleggiante, anzi di fabbrica galleggiante, che si sposta; interessante come la parola "Cargo" stia per carico in inglese, mentre in italiano e in altre lingue è la nave quindi a seconda della lingua non è solo la nave ma anche quello che è trasportato; in sostanza in questa babele linguistica cargo è tutto, il trasportante e il trasportato, contenuto e contenente, tutti insieme si fondono, sono una cosa sola nella navigazione.








Così in sostanza gli umani a bordo fanno parte della nave, e vivono secondo le sue logiche. Non è infatti la primissima immagine del documentario quella di spazi aperti e dell'orizzonte marino, ma della stanzetta dove si gioca a ping pong da qualche parte nella pancia della nave. Anche nel tempo libero, che viene via via documentato nel video, il tempo non è veramente impiegato, ma piuttosto passato, si deve passare il tempo, alcune ore o quel che sono, prima del sonno, dei pasti, e della ripresa delle attività lavorative, e così per vari mesi, prima di ritornare a far parte del mondo reale. E' quindi ritratto un gruppo di persone costrette a vivere dentro questa fabbrica galleggiante che si sposta, portandoli al suo interno, in maniera tale da impedirgli di uscire dalla fabbrica anche nei momenti non di lavoro, e il tutto per mesi. Nel caso specifico, le riprese sono state realizzate durante un tragitto della nave "Indigo Point" nei mari dell'Europa settentrionale tra l'Olanda e la Russia.
Al quarto minuto il cargo è ripreso mentre entra nel porto di Rotterdam, in piena notte. Per un lunghissimo minuto e mezzo non c'è parlato né colonna sonora, ma solo rumori ambientali della nave che in una atmosfera irreale avanza nel porto. Si spalanca un mondo di luci notturne, di torri, impianti, banchine, depositi giganteschi, strutture industriali; le uniche voci che si sentono dopo circa un minuto e mezzo dilatatissimo sono quelle gracchianti degli altoparlanti e della radio di bordo. La sequenza, piena di immagini suggestive, e del tutto cinematografiche, come capita raramente di vedere oramai perfino al cinema, in tutto dura tre minuti, in cui lo spettatore è abbandonato a sé stesso, senza che gli sia lasciato più molto della possibilità di provare sconcerto davanti a questo mondo dal senso inspiegabile, e quindi provocante uno strano senso di inquietudine, di isolamento.




Una delle immagini notturne dell'ingresso della Indigo Point nel porto di Rotterdam


In fin dei conti tutto il lavoro dell'equipaggio si svolge in perfetta solitudine, e il documentario restituisce appieno questa atmosfera dissociata dalla società per la quale, al servizio della quale peraltro i marinai lavorano. Il fare vita separata dal resto del mondo è quindi un altro tema ricorrente, e non a caso il capitano della nave intervistato, cita i santi che si isolano in eremitaggio. Il documentario segue la vita quotidiana con i compiti lavorativi dei tecnici, il cuoco, gli ufficiali, ascoltando le loro storie e alternandole con le immagini del mondo esterno vario e mutevole che dà al video una serie di immagini bellissime, di cieli colorati, di scorci di luce invernale che la fotografia non si è lasciata scappare, anzi ne ha approfittato per restituirci questa che visivamente è una grande parte del mestiere di marinaio, ma che dopo tanti anni rimane per gli imbarcati sullo sfondo della loro fatica e della sofferenza nello stare lontano dalle famiglie, separazione di cui sentono il peso particolarmente. Eppure questi scorci bellissimi fanno parte della loro vita, e nel contrasto stridente tra la bellezza dei cieli, dei panorami aperti, delle distese di neve da una parte, e nel chiuso claustrofobico degli spazi interni della nave dall'altra sta uno degli elementi del film.





Un altro elemento è il contrasto tra gli umani che stanno dentro la nave e che si aprono con semplicità e sincerità alle domande, e le immagini dei misteriosi meccanismi, dei led, degli ingranaggi, i quali acquistano quasi una specie di vita propria, con i loro rumori da macchine. L'audio è peraltro parte fondamentale del video, direi alla pari dell'immagine: cicalini di ignoti sensori, scatti di meccanismi, suoni da sfregamento degli enormi cavi della nave, ogni sorta di suono è reso con grande attenzione, maggiore di quella impiegata generalmente nei documentari nei riguardi della parte audio. I suoni così dettagliatamente restituiti fanno una specie di colonna sonora degli strumenti meccanici, indispensabili nel funzionamento della nave e ai quali è affidata in sostanza la vita di chi lavora a bordo; le stesse strumentazioni o parti della nave sono poi spesso inquadrate, con risultati visivamente riuscitissimi: per esempio, le tubature giallo dorato, le luci di segnalazione rosso intermittente, le schermate verde del radar, sono alcuni di tali elementi che appaiono nel corso del documentario, e che ritmano di colori e forme lo scorrere del filmato.








Nel corso del viaggio che prosegue con i tempi rallentati di questa ingombrante piattaforma galleggiante brani di interviste ci danno modo di conoscere alcuni dei membri dell'equipaggio, nella maggior parte filippini. Nello specifico, le interviste con loro si svolgono in inglese che è la lingua comune adoperata sulla nave; altri membri dell'equipaggio sono italiani. Tutti cercando di far capire il senso di un mondo, delle sue fatiche e delle sue rinunce difficilmente comprensibile a chi sta fuori: "Non potete capire" dice uno di loro. Ma nell'insieme delle interviste, e dei loro racconti, emerge un ritratto vivo e ben definito di loro, senza che peraltro le interviste stesse siano preponderanti nel documentario; il parlato c'è, ma una gran parte della definizione della loro vita e della vita della nave è lasciata alle immagini, sia accompagnate come si è detto dall'audio ambientale, sia dalla musica. La musica è in armonia con il carattere del documentario, e contribuisce per la sua parte alla riuscita del lavoro; in certi momenti, sembra persino quasi superflua, tanto le immagini hanno evidenza da sé.








Dopo l'attraversamento del mare del Nord, del mar Baltico; dopo l'arrivo e vari giorni di sosta nel porto di San Pietroburgo, una San Pietroburgo ghiacciata, ben più inospitale e più cupa di Rotterdam, nonostante tutto il bianco della neve; dopo il pranzo di Natale, festeggiato a bordo tra colleghi con una più che abbondante tavolata con ogni sorta di cibo, ma che non sposta di una virgola il dato di fatto di passare la festa lontano dalle persone con cui si vorrebbe passarla; la nave riprende la via del ritorno, in quello che dà l'impressione di essere un viaggio senza fine, proprio come senza fine è la realtà del rapporto dei lavoratori imbarcati con la nave, un rapporto continuato e quotidiano senza fine con il proprio lavoro e gli strumenti del proprio lavoro, e con il tempo della navigazione, così differente dal tempo della realtà a terra. Evidentemente c'è un quotidiano reiterato che viene suggerito dalle ultime immagini, tra le quali quelle di uno dei marinai che compie degli esercizi fisici nella sua cabina, e della nave che proseguendo il suo viaggio, passa sotto un ponte sospeso, dove si vedono scorrere delle automobili; si ha la sensazione che queste immagini si ripeteranno per molto tempo, per anni e anni, senza la possibilità nella vita quotidiana di molte differenze.











In sostanza Cargo è un film che affronta con grande libertà espressiva la restituzione della realtà documentata, cercando con coraggio, e felicemente trovando una forma slegata dalle impostazioni tradizionali; indubbiamente alla fine del video si ha l'impressione, non di aver visto un lavoro che documenta semplicemente riprendendo dall'esterno l'oggetto della documentazione, ma di essere stati fatti partecipi del modo di vita della nave, di aver trascorso del tempo all'interno della nave, con i suoi stessi ritmi; e insieme alle persone che ci vivono. Scoprire poi che su internet c'è una mappa delle navi in diretta, dove si può seguire, aggiornato all'ora, il tragitto della Indigo Point, diventa quindi molto di più di una semplice curiosità; nel momento in cui sto scrivendo, scoprire che la nave risulta attraccata al porto di San Petersburg, fa scattare tutta una serie di immagini dei marinai filippini, e italiani, del capitano e degli altri membri dell'equipaggio, e di immagini del porto di San Petersburg, che si ha l'impressione dopo aver visto il video di conoscere molto bene.




Alberto Brogi



Informazioni sul documentario "Cargo"


Informazioni sull'autore, Vincenzo Mineo


Informazioni su "Zavorra", l'altro documentario di Vincenzo Mineo, anche questo presente al Festival del documentario



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