martedì 3 aprile 2012 in , , , , , ,

MANI FASCIATE di VINCENZO NOTARO

La recensione del documentario "Mani fasciate" di Vincenzo Notaro, uno dei film presenti nel Festival del nuovo documentario.








Un documentario su uno sportivo. Mario Pisanti, pugile professionista, di Latina. Quindi, un documentario su un pugile, sull'ambiente della boxe che frequenta, o su Latina e la sua provincia, dove vive?

Tutti e tre, verrebbe da dire. Perché protagonista del video è Mario Pisanti, di cui seguiamo le vicende nel corso di vari mesi e ripercorriamo la storia sportiva e personale; ma inevitabilmente, il video si addentra nell'analisi e nella descrizione anche dell'ambiente della boxe, popolato di allenatori appassionati, di gestori di palestre, di organizzatori di incontri, e la descrizione di questo ambiente non resta sullo sfondo del documentario, ma anzi è definita accuratamente e sistematicamente dall'occhio della macchina da presa, tanto più perché la storia e le vicende personali di Pisanti non possono essere spiegate né capite senza questa particolareggiata analisi. Lo stesso avviene con la città di Latina e la sua provincia, che non rappresenta lo sfondo sul quale avvengono i fatti narrati, ma diventa in un certo senso protagonista, co-protagonista di questo lavoro; anche in questo caso ciò avviene perché quello che sarebbe lo sfondo geografico, ambientale del documentario riveste una importanza determinante sulla vicenda, ragione per la quale questo sfondo sale a un livello superiore. I tre livelli quindi si intrecciano per tutto il video; Pisanti è alle prese con una provincia che sembra fatta apposta per smorzare i sogni di uno sportivo, e l'ambiente della boxe a sua volta si mostra quasi che fosse una specie di palude che frena e rende immobile del tutto lo sforzo di affermarsi di un pugile di talento.

In particolare ancor più dell'ambiente della boxe, forse è la descrizione della città, e della sua vita che si prende lo spazio maggiore; da quinta generica, la città balza spesso in primo piano, e talvolta anche in primissimo. Il tutto, nella descrizione dei suoi ritmi tranquilli, lontani dalla frenesia della folla che popola le grandi città. Già i ritmi del parlare, i gesti, le abitudini, non sono quelli della frenesia della metropoli; il documentario descrive benissimo questo stato d'essere, e tale descrizione non è casuale né incidentale, ma voluta, data appunto l'importanza dell'ambiente nella vicenda raccontata. Di conseguenza si potrebbe appunto arrivare a dire che Mani fasciate è anche un documentario sulla provincia, e non si sbaglierebbe di molto.

Ci sono però degli elementi che ricorrono del video, e gli danno una importante, decisiva caratterizzazione formale, filmica, e sono le architetture, gli edifici, l'urbanistica di questa cittadina, in particolare delle zone più recenti, che recuperata dalla attenta telecamera della troupe, diventa un elemento caratterizzante il documentario, che accompagna lo spettatore nella sua visione. Tagli di palazzoni, inquadrature di parcheggi, svincoli, stradoni percorsi da auto, prati al limite delle zone edificate, con i blocchi squadrati e solidi degli edifici in perenne costruzione; linee, vie di fuga di finestre, prospettive di condomini, di isolati, colori che geometricamente si alternano, grigio cemento chiaro, cemento più scuro, cemento giallastro o marroncino, cemento in tutte le tonalità smorte, spente del cemento, questa serie di immagini che compone una sottotraccia, una controscena, è quasi una descrizione urbana, delle architetture di Latina.
















Il documentario quindi visivamente trae molto da questa caratterizzazione prospettica, e le linee solide e statiche degli edifici sono contrapposte al continuo dinamismo di Pisanti, che attraversa da parte a parte l'inquadratura con i suoi movimenti; Pisanti si muove in maniera incessante, si allena, corre, salta, tira colpi, li prova, senza peraltro che tutto questo dinamismo approdi a qualcosa, dato che il calendario della boxe è assolutamente fluido, non esistono date fisse, e gli incontri sono stabiliti se e come gira alla società sportiva di turno, o all'organizzatore di turno, il tutto in una cronica mancanza di fondi che rende l'impegno di tutti ancora più aleatorio; mancanza di fondi problema evidentemente degli sport cosiddetti "minori", e per quanto sorprendente sia, si apprende, anche la boxe professionistica a livello nazionale ne risente.

Dunque Pisanti che ha passato la trentina, e che punta al titolo italiano, dopo aver perso vari anni a causa di uno sfortunato incidente d'auto, va avanti tra mille sforzi nel tentativo di tenere la forma del pugile di altissimo livello, mentre aspetta che gli vengano organizzati gli incontri che dovrebbero consacrarlo finalmente campione d'Italia della sua categoria, e che vengono rinviati o addirittura cancellati, senza che lui possa fare nulla; e viene da pensare che le "mani fasciate" del titolo, non alludano tanto, o non solo, alla fasciatura delle mani del pugile prima che metta i guantoni, ma piuttosto alla impossibilità di dimostrare concretamente il proprio talento, in una situazione in cui tutti, organizzatori, allenatori, pugili, si trovano "legati", impediti oltre alla loro volontà, come dice Pisanti a un organizzatore "anche voi siete legati".











In questo gioco delle parti sta un altro degli elementi del film, e la sensazione di impotenza davanti al meccanismo è trasmessa molto bene allo spettatore, che non può che registrare da una parte lo sforzo di Pisanti, dall'altra la sua inutilità.

Questo dà al documentario una venatura malinconica piuttosto chiara, che in certi punti sfocia in una amarezza piuttosto esplicita. Nei toni riflessivi degli intervistati, che fanno parte della famiglia di Pisanti e del suo ambiente, affiorano più volte questi elementi; citiamo almeno Angelo, il padre della compagna di Pisanti, pugile anche lui a suo tempo e giovane promessa, che però di fronte alla prospettiva di un lavoro sicuro fuori della boxe, lo preferisce, rinunciando alla possibilità di una carriera nello sport, o più esattamente è costretto a preferire il lavoro alla boxe, per l'impossibilità di mantenersi altrimenti. La boxe non solo non arricchisce, come invece succede con certi sport più fortunati, ma nemmeno ti permette di camparci. Mentre descrive obiettivamente, in modo pacato, tutto questo, nelle parole del suocero, da una parte molto logiche e serene, si intuisce però presente un rimpianto per quello che poteva essere e non è stato, e che gli anni non hanno spento del tutto. E' uno dei momenti chiave del film; di fatto, Pisanti combatte non tanto contro i suoi avversari, ma contro i rimpianti futuri, per non trovarsi a una età più avanzata, con la sensazione di non aver dato tutto allo sport e conseguentemente, alla vita che avrebbe voluto, e doversi tenere un rimpianto, che peserebbe troppo. Il tutto, fa contrasto con la situazione della realtà, che spingerebbe invece alla rinuncia pura e semplice nelle proprie aspirazioni; la realtà entra infatti in vari momenti in modo brusco, come nelle parole di Valeria, la compagna di Pisanti, che "meno sognatrice" come dice lei, "lo riporto un po' alla realtà, perché la realtà è fine mese, la realtà è fare la spesa, la realtà è Yuri" (il figlio), "i soldi che so' troppo pochi, le bollette che arrivano", realtà, quindi che è fatta dei doveri di quello che ormai è un padre trentenne e un marito, in una famiglia come viene descritta non di figli di papà, e che quindi è più o meno nella situazione del suocero di Pisanti da giovane, quando si trovò nella necessità di abbandonare i suoi sogni.









E in tutto questo, Pisanti? Pisanti ci mette poco a portare lo spettatore dalla sua parte; per l'esattezza, un minuto esatto. Sono infatti passati 60 secondi precisi dall'inizio del video, quando veniamo a sapere dallo stesso interessato dei suoi esordi; Pisanti racconta in tono dimesso, quasi con aria di scusa, il suo primo incontro, concluso tragicamente, dove si è fatto prendere dal panico e dalla paura di farsi menare, con la conclusione logica di farsi menare tantissimo, di cadere a terra due volte, e pure, Pisanti confessa, di essersi messo a piangere. E' chiaro che per lo spettatore, per quanto la boxe possa non essere il suo sport più visto, a questo punto la vicenda narrata diventa non quella di un pugile ma di questo pugile nello specifico, con il suo carattere modesto e sincero; è la persona che a quel punto segui, e le sue vicissitudini sono quelle di una persona, e della sua famiglia, del suo ambiente, che è poi appunto una famiglia di una cittadina italiana dei nostri giorni, con i suoi problemi a arrivare a fine mese e le sue prospettive come minimo incerte.

In questo, somiglia a un film di narrazione l'impianto, l'architettura del documentario video di Vincenzo Notaro; si segue Pisanti nelle sue peregrinazioni e nei suoi incerti, parteggiando chiaramente per lui e sperando in una fine positiva delle sue vicende; la fine positiva non c'è, nel documentario, perché il famoso match come sfidante al titolo nazionale, che dovrebbe arrivare a ottobre 2010 in pochi mesi, viene rinviato più volte, e il documentario si chiude a fine 2011, senza una data fissata. Finale che ci conferma la sensazione di malinconia che sbuca qua e là nel documentario; se i personaggi del film sono tutti molto sereni nel loro cercare di andare comunque avanti, è indiscutibile questa presa d'atto, senza farsi illusioni, della realtà e dei suoi aspetti meno piacevoli.

Ma l'altro polo del film è la costanza e l'impegno, la forza di volontà di Pisanti, che fa da contraltare alla situazione; Pisanti come detto, combatte contro la situazione difficile, ben più che contro i pugili suoi avversari, e lo fa con ottimismo, cercando una via d'uscita ai problemi, con la stessa costanza con cui si allena, per ore.

Nel suo scorrere tranquillo, il documentario in ogni caso si adatta ai ritmi della provincia, e li segue, insieme ai suoi personaggi e alle sue ambientazioni; è quindi ben più, o non soltanto, un lavoro su una disciplina sportiva, di cui peraltro il documentario analizza metodicamente, e dall'interno, l'ambiente, senza abbellimenti o enfasi fuori posto, restituendone un ritratto anche visivo notevole. Dove si scopre accidentalmente, incidentalmente, cosa sorprendente per chi di boxe non sa nulla, che il lavoro del pugile è soprattutto mentale, la forza in sé e per sé non serve a nulla, basta un attimo di disattenzione per prendere il colpo che mette fine alla gara, e forse alla tua carriera. Tra i momenti più intensi del video c'è Pisanti che si prepara prima di un incontro, prova qualche colpo, cammina su e giù nello stanzino, si concentra senza dire una parola, con la testa bassa, nello spogliatoio; è una immagine quasi rubata dalla telecamera, tenuta a spalla. E' un momento che ha l'intensità di un film; per un momento del genere in un film serve una sceneggiatura valida, un attore che sa recitare e una regia capace; questo è un documentario, la storia è verissima e la persona non recita, ma l'intensità di quel momento non ha niente da invidiare a quella di un film con impianto cinematografico, con i tempi, una tensione del tutto cinematografica.










Quello che conta è che l'oggetto documentato in Mani fasciate, che sia l'ambiente sportivo, Latina e Cisterna, o Pisanti, è sempre documentato con molta cura, con grande attenzione; starei quindi per dire con realismo. Dato infatti come abbiamo visto che la realtà è in sostanza al centro del documentario, e viene descritta, verrebbe da dire ritratta per quella che è, con l'intento di trasmetterla allo spettatore, consegnandogliela per come è, che se la giudichi da solo.



Alberto Brogi



La casa di produzione del documentario, la Daimon Production

Informazioni sulle opere realizzate da Vincenzo Notaro e breve biografia

Informazioni sul collaboratore al soggetto di Mani Fasciate Emiliano Pappacena, e fondatore di Daimon Production



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